Ci troviamo a Favara, cittadina a pochi km da Agrigento e la sua Valle dei Templi.

 

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Le origini di questa città sono da collocare nel IV millennio a.C. come testimoniano i vari ritrovamenti riconducibili all’esistenza di villaggi preistorici. Una città che ha condiviso con la Agrigento greca, varie vicissitudini storiche; la presenza sul monte Caltafaraci dei resti di una acropoli greca dotata di tre grandi torrioni in direzione della collina sacra di Akragas suggerisce che la funzione di questo centro poteva essere quella di proteggere la città dei templi lungo quella via interna che in età romana collegava Agrigento ad altre città dell’entroterra.

Una città che porta i segni tangibili delle varie dominazioni susseguitesi nei secoli, da quella romana a quella bizantina a quella araba, testimoniata anche dalla permanenza di numerosi toponimi di matrice araba, tra cui lo stesso toponimo Favara, dall’arabo fawwāra, con significato di “Polla d’acqua che sgorga, gorgogliando, con impeto”. Una città con un centro storico che si aggroviglia in strette viuzze, stradine e vecchie casa abbandonate, che ospita vecchi palazzi nobiliari e chiese di varie epoche storiche che videro l’impiego di valide maestranze locali. Vicoli che profumano di pane appena sfornato, di paste di mandorla, di pranzo della domenica, dove le memorie del passato rimangono intrappolate nelle maglie del tempo che qui, a volte, sembra essersi fermato…

 

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In questa realtà nasce un progetto folle, impensabile, avveniristico, la Farm Cultural Park, un polo culturale indipendente, residenza di artisti e spazio espositivo che ha portato numerosi viaggiatori, curiosi e studiosi a conoscere una realtà ricca di fascino e spirito d’iniziativa.

La Farm nasce 11 anni fa, nel 2010, dal genio creativo di una coppia che crede nel futuro della propria città, Andrea Bartoli e Florinda Saieva, una coppia di amanti dell’arte, del mondo e della bellezza intesa come strumento di rigenerazione e possibilità di rivalsa e cambiamento. Una coppia che sceglie di tornare a Favara, preferendola a Parigi, con una promessa: mai lamentarsi di ciò che li circonda, ma fare tutto il possibile per migliorarlo e renderlo più bello. Il luogo che scelgono è proprio il cuore del centro storico, 7 cortili che vengono totalmente rinnovati e adibiti a spazi espositivi, con una serie di mostre d’arte contemporanea, spazi d’incontro, cocktail bar, shop vintage e tanto altro ancora. Da luogo abbandonato e degradato, i 7 cortili si trasformano in un centro culturale e artistico in grado di attirare artisti e visitatori da tutto il mondo, con più di centomila turisti ogni anno.

 

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Quest’anno è in mostra “Countless Cities” la Biennale sulle città del mondo creata da Farm Cultural Park nel 2019. Si tratta di circa 25 padiglioni distribuiti in 3 differenti poli espositivi, con tematiche comuni ma con racconti diversi. Tematiche come la rigenerazione, la ri-parchificazione e il good business per le comunità, sono i simboli di questa mostra articolata, che guarda al futuro e alla sostenibilità legata alla vita stessa del pianeta. Farm si è anche fatta promotrice di diverse attività educative con SOU, una Scuola di Architettura per bambini, e Prime Minister, una Scuola di Politica per Giovani Donne, esperienza formativa incentrata sul tema della politica; una “Scuola di Opportunità” che vuole fornire, attraverso dei workshop di architettura e cittadinanza attiva, competenze e conoscenze che possano colmare il divario sociale e culturale.

 

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Il “fenomeno Farm” negli anni ha avuto effetti sull’intero centro storico, che si è rivitalizzato con l’apertura di locali, attirando un pubblico sempre più vasto, trasformando un iniziale sogno individuale in una realtà collettiva, fatta di cittadini attivi che progettano una città in cui si può immaginare concretamente il futuro.

Una realtà che testimonia come sia possibile far rivivere le macerie, come sia fattibile progettare un futuro laddove è difficile immaginare anche il presente.

 

Graziella Spina

 

 

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