Per l’inglese Alexander Hardcastle, Capitano in concedo del Regio Genio Militare, aristocratico e molto facoltoso, Agrigento fu amore a prima vista.

Secondo lo storico Inglese Denis Mack Smith la Sicilia è una vecchia passione per i britannici e descrive come i rapporti culturali e commerciali tra Inghilterra e Sicilia risalgano a quasi mille anni fa.

Senza andare troppo a ritroso nel tempo, nel centro storico di Agrigento, in Via San Girolamo 63 si può ancora leggere, sul portone di ingresso, l’iscrizione di quello che fu il “Consulate of the British Empire”. La provincia di Agrigento nell’Ottocento era la maggiore produttrice di Zolfo dell’isola, motivo di grandi interessi per l’Inghilterra.

Le ragioni che spinsero il mecenate Inglese a visitare Agrigento, nel 1921 secondo alcuni, nel 1920 secondo altri, non furono economiche ma più simili a quelle dei viaggiatori del Grand Tour, un’illuminato desiderio di scoperta ed interesse romantico per la greca Akragas.

Inoltre anche la ricerca di un luogo dal clima mite e salubre, l’interesse per l’archeologia e l’invito da parte di Gaspare De Angelis, proprietario dell’albergo Belvedere che Hardcastle conobbe a Londra.

Il giorno successivo al suo arrivo in città visitò la Cattedrale di San Gerlando ammirando in particolare il bellissimo sarcofago di Ippolito e Fedra, fu entusiasta della bellezza della chiesa di Santa Maria dei Greci, espresse ammirazione per il monastero di Santo Spirito anche se rammaricato per lo stato di abbandono di alcune parti. Gustò i dolci a base di mandorle e pistacchi preparati dalle monache.

Altra meta della passeggiata, il palazzo del Barone Celauro in via Atenea, dove soggiornarono Goethe e anche l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe.

Il giorno seguente alla visita della città fu dedicato alla scoperta dei templi di Giove, Ercole, Concordia, Giunone e Asclepio dove ritornò più volte nei giorni a seguire.

Villa Aurea

Maturò la decisione di comprare casa, acquistò dalla famiglia Montana/Schillaci la villa ubicata tra i templi della Concordia ed Ercole, ex proprietà del barone Genuardi, la ristrutturò e chiamò aurea perché in prossimità dell’omonima porta.

Stabilì ad Agrigento la sua dimora e decise di spendere i suoi averi e se stesso per recuperare i resti della città greca e consegnarli alle generazioni future.

Alexander Hardcastle era un uomo magro e alto, portava occhiali spessi e un cappello a falde larghe, si esprimeva correttamente in Italiano, garbato, puntuale nei pagamenti, un vero gentleman.

Condusse una vita semplice, riservata e non mondana, la caccia fu uno dei suoi svaghi.

Frequentò e si avvalse della collaborazione del professor Francesco Sinatra, il direttore del Museo Civico Giovanni Zirretta e del giovane archeologo Pirro Marconi che con grande senso di gratitudine descrisse il mecenate “Appassionato ed instancabile ricercatore….Egli mi ha fornito notizie e tracce preziose..”

Rinunziò a tutti i diritti sui ritrovamenti durante gli scavi, tutto a beneficio dell’Amministrazione dello Stato, facendosi carico delle spese per i lavori di scavo, le colmature ed eventuali danni. Ricevette parziali contributi economici dal Governo e dalla società Magna Grecia.

Introdusse per i suoi dipendenti impegnati nelle campagne di scavo, più di 36 persone, la giornata lavorativa inglese di 8 ore, all’epoca i contadini e non solo lavoravano dall’alba al tramonto.

Con i primi scavi portò alla luce la fortificazione a tenaglia e un tratto di un antico decumano.

Colonne Ercole

Tra il 1922 e il 1924 innalzò otto colonne del tempio di Ercole, notizia corredata di foto e pubblicata il 21 Aprile del 1924 dalla famosa rivista “Times” di Londra.

Del 1925 sono gli scavi sulla Rupe Atenea nell’area del Santuario Rupestre e attorno alla chiesa medievale di San Biagio, si era reso conto che l’edificio cristiano era costruito su un tempio Greco identificato con quello di Demetra. Sempre dello stesso periodo sono i saggi di scavo nella cella del Tempio di Era.

Nel 1926 si datano la scoperta del sacello arcaico di Villa Aurea, le ricerche nel Tempio di Zeus, l’avvio  della campagna di scavi in contrada San Nicola nei terreni Vella alla ricerca del Teatro Greco, la liberazione dalle superfetazioni del Tempio di Esculapio che fu messo in luce e restaurato.

Tra il 1928 e il 1929 liberò il tempio di Vulcano dalla casa colonica costruita sulla peristasi settentrionale dell’edificio Greco.

Tra le opere di scavo più grandi e importanti si annovera la messa in luce presso il Tempio dei Dioscuri del Santuario delle divinità Ctonie.

Ctonie

A sue spese realizzò una condotta idrica che  portasse l’acqua potabile dalla città alla Valle dei Templi, condotta che poco dopo fu estesa fino a San Leone; sempre grazie al mecenate inglese fu realizzata la prima elettrificazione della zona archeologica.

Consentì il ripristino dei locali del Museo Civico e intervenne in un restauro statico del monastero di Santo Spirito.

Veniva chiamato “U Capitanu” o “U Nghilisi” dai contadini che lo vedevano andare in giro con una piccozza tra le campagne intorno ai templi. Infaticabile nella ricerca di reperti archeologici e soprattutto del teatro Greco, che nonostante tutti gli sforzi e le indagini, con suo grande rammarico non riuscì a trovare.

Per affrontare la crisi economica del 1929 “The Crash of Wall Street” a causa della quale perse tutti i suoi fondi, fu costretto a vendere i suoi beni per pagare i debiti che aveva contratto.

Era sua intenzione donare Villa Aurea allo Stato Italiano per farne un pensionato gratuito per giovani studiosi e laureati in archeologi. Date le circostanze, seguendo il consiglio del professor Francesco Sinatra, presentò un’offerta di vendita dell’abitazione allo Stato Italiano riservandosi il diritto di vivere nella casa vita natural durante.

Le difficoltà economiche, la solitudine, lo sconforto, la profonda amarezza per la presa di coscienza della fine delle indagini archeologiche e della realizzazione del sogno di trovare il Teatro Greco furono causa di forti crisi depressive.

Vista la gravità della situazione il Capitano fu ricoverato nell’ospedale psichiatrico di Agrigento dove morì il 26 Giugno del 1933.

Come da sua volontà fu sepolto ad Agrigento, la sua tomba è ubicata nell’angolo nord-est del cimitero di Bonamorone, in prossimità dei primi scavi, vicino ai resti del baluardo a tenaglia e degli edifici sacri greci sulla Rupe Atenea.

Gli Agrigentini sono profondamente grati a questo autentico gentiluomo inglese, Sir Alexander Hardcastle definito “Straniero di origine e Agrigentino per elezione” ed ancora “IL 39° Gigante di Agrigento”.

 

Lorenzo Capraro

 

Fonti di riferimento:

“Alexander Hardcastle l’uomo l’archeologo il suo tempo” di Pio Luigi Lo Bue

“La morte in manicomio di Sir Alexander Hardcastle” di Paolo Cilona

“Un Mecenate Inglese fra i Templi di Agrigento Sir Alexander Hardcastle” di Isabella Scichilone

 

 

 

 

 

 

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