Teatro Luigi Pirandello di Agrigento

Teatro Luigi Pirandello - Agrigento

Il Teatro Comunale di Agrigento, dopo il Massimo di Palermo ed il Bellini di Catania, si piazza per caratteristiche architettoniche e di grandezza, buon terzo fra i teatri dell’Isola.
Il suo arco armonico, per purezza e rotondità di riproduzioni non comuni, lo colloca tra i migliori d’Italia.

Progettazione

Sin dal 1863 il Consiglio Comunale aveva autorizzato la giunta municipale a far redigere un progetto per la fondazione di un teatro. Nel 1870 ne pose la prima pietra, dopo la vendita della casa comunale alla Camera di Commercio per la somma di £. 100.000 e l’approvazione del progetto redatto dall’ing. agrigentino Dionisio Sciascia.
Nel 1874 il consiglio comunale autorizzò l’emissione di titoli per £. 400.000, di cui £. 200.000 furono destinate al compimento del teatro.
I lavori procedettero alacremente fino al giorno in cui avvenne una controversia fra costruttori e amministratori del tempo.
Un partito avverso al progettista Sciascia affermava veracemente che l’arco armonico fosse riuscito sordo.
A risolvere la questione fu chiamato l’ingegnere architetto Filippo Basile (costruttore del teatro Massimo di Palermo) il quale, dopo aver battuto le mani sul limbo dell’arco armonico ed ascoltato la portentosa eco, si congratulò caldamente col suo allievo collaudando l’opera.
Ma l’autorità morale e tecnica del Basile non valse tuttavia a sedare le aspre polemiche nate da un nefasto di partiti.
Si contestò allo Sciascia finanche la paternità del progetto (che si voleva far risalire al Basile); infine l’ingegnere agrigentino fece distruggere l’arco armonico e, abbandonando i lavori, partì alla volta di Palermo, si racconta, sollecitato dallo stesso Basile per eseguire la costruzione dell’arco armonico del teatro Massimo.
Tornò in seguito su invito del Prefetto del tempo e costruì l’arco armonico in legno, che aumentò notevolmente la purezza della risonanza acustica.
La stampa dell’epoca si occupò largamente della questione, ma risultò da indagini fatte che l’ingegnere Sciascia fu il progettista e l’esecutore del Teatro agrigentino.


Teatro della Posta Vecchia – Agrigento

Teatro Posta Vecchia - Agrigento

Il piccolo Teatro della “Posta Vecchia” nasce nel 1996 dalla volontà di Giovanni Moscato, e trae il nome dal contesto urbano in cui è posto. Tutta la zona di Via Giambertoni, infatti, dagli agrigentini è chiamata col termine di “Posta Vecchia”perché sin dal 1859 e fino al 1897 (1) tanti immobili di Via Giambertoni furono, dal vecchio Marchese Ignazio Giambertoni, affittati alle “Regie Poste e Telegrafi”. I locali adibiti ad uffici insistevano su i due fronti della Via; i servizi, come rimesse per le carrozzelle o per gli Omnibus e per il deposito di pacchi e bagagli venivano ad occupare alcuni grandi catoi dei piani terreni ai nn. 10-12 e 14 della Via, mentre gli uffici occupavano i piani superiori del Palazzo Giambertoni, accanto all’ingresso di Salita Giambertoni.
Anche l’immobile degli avi di Giovanni Moscato, dove attualmente opera il Teatro, venne affittato dai signori Siracusa di Girgenti, che avevano ottenuto l’appalto delle Poste, per lo svolgimento del Servizio Pubblico, con decreto del Re delle Due Sicilie Ferdinando II di Borbone. I signori Siracusa essendo numerosi fratelli con i relativi figli, gestirono le Regie Poste e Telegrafi (come si nomavano allora) a conduzione familiare. Il servizio era svolto con competenza, rettamente e con vero spirito di sacrificio, tanto che i Gestori vennero lodati ed encomiati dal Re Ferdinando II in persona e dagli agrigentini stessi. I discendenti del signor Calogero Siracusa, conservano ancora il decreto e i diversi encomi solenni fatti dal Sovrano, venuto in Sicilia per una battuta di caccia sul lido di Porto Empedocle (2). Il Re volle visitare i locali nel marzo del 1859. Era stato ospite del Barone Luigi Caratozzolo al quale aveva fatto la donazione “della zona di battigia fino ad un tiro di archibugio” di quella che era la zona demaniale, perché s’era divertito ed aveva riportato un “carniere” molto ricco di anatre marzaiole (le nostre riddene).
Le “Regie Poste e Telegrafi”, nel 1887 vennero trasferite nei locali terrani del Palazzo dei Tribunali, che allora era detta Piazza Sant’Anna e attualmente Piazza Nicolò Gallo. Nel 1934 le “Regie Poste e Telegrafi”, ebbero il loro bel palazzo al Piano Sanfilippo, oggi Piazza Vittorio Emanuele, dov’è ancora la Sede Centrale, ma gli Agrigentini continuano a chiamare la zona di Via Giambertoni sempre “‘A Posta Vecchia”!.
Note 1) Deliberazione del Decurionato Municipale 6 febbraio 1859 2) Deliberazione del Decurionato Municipale 7 novembre 1887 Le notizie sono state desunte dal III volume pp. 767 e seguenti delle “Memorie Storiche Agrigentine” dell’Avv. Giuseppe Picone – con ristampa e aggiornamento del Dr. Vincenzo Bonfiglio – per i tipi della Premiata Stamperia Formica di F. Capraro Ag. 1942. Le foto e la presente relazione sono del Geom. Giuseppe Bruccoleri.


Teatro Regina Margherita Grotte-Racalmuto

Teatro Regina Margherita

Costruito nell’arco di dieci anni, tra il 1870 e il 1880, il Teatro Regina Margherita era nato per celebrare la ricchezza delle famiglie di Racalmuto che con gli zolfi e le miniere avevano conquistato rispettabilità e potere.

L’amministrazione comunale ne deliberò la realizzazione il 19 dicembre 1870 e affidò il progetto all’architetto Dionisio Sciascia, allievo della scuola di G.B. Filippo Basile, ideatore del Teatro Massimo di Palermo, disegnato negli stessi anni.

E del Massimo, infatti, il gioiello di Racalmuto riproduce e anticipa per certi versi linee e concezione strutturale, nell’armonia del classico teatro all’italiana: annesso alla sede del Municipio, ospitato nel giardino dell’ex monastero di Santa Chiara, il teatro ha 350 posti, due ordini di palchi e loggione a ferro di cavallo, un ampio palcoscenico e fossa mistica.

Destinati a durare due anni, i lavori di costruzione si protrassero per un decennio: autore degli stucchi è Giuseppe Carta, che firmò anche il sipario che raffigura ” I Vespri Siciliani”. Il pittore Giuseppe Cavallaro dipinse i dodici scenari.

Inaugurato il 9 novembre 1880, con “il Rigoletto” della compagnia di Argenite Innocenti, il Teatro fino al 1930 ospitò compagnie d’opera, d’operette e di prosa, anche di grande rilievo.

Progressivamente, le rappresentazioni teatrali lasciarono il posto alle proiezioni cinematografiche, sorte comune a molte altre sale siciliane.

La definitiva trasformazione in cinema, nel secondo dopoguerra, ne accentuò il degrado fino alla chiusura definitiva del 1964.

Chiuso e abbandonato per un ventennio, il Regina Margherita diventò praticamente inagibile fin quando Leonardo Sciascia – che tra quegli stucchi e quegli affreschi aveva assistito alle prime rappresentazioni teatrali, fino a definirlo”il più bel teatro della mia vita” – decise di impegnarsi personalmente per il recupero, sia della struttura che del sipario ormai semidistrutto.

I lavori di restauro furono affidati nel 1984 all’architetto veneziano Antonio Foscari, ma tormentati da difficoltà e ritardi burocratici sono durati quasi vent’anni prima che il Teatro potesse riaprire i sui battenti.


Teatro Sociale di Canicattì

Teatro Sociale di Canicattì

Nel 1874 l’ing. Francesco Tabasso aveva presentato al Comune di Canicattì un progetto per la costruzione di un teatro, tale progetto, non piacque all’amministrazione comunale.
Nel 1883 un nuovo progetto fu presentato dall’ing. Dionisio Sciascia, progettista dei teatri di Agrigento e Racalmuto anche questo progetto non andò in porto.
Nel 1889 Ernesto Basile presentava il suo progetto che piacque subito per eleganza e stile. Nel 1927 ospitò Luigi Pirandello con la sua compagnia che rappresentarono i Sei personaggi in cerca d’autore.
Alla fine della seconda guerra mondiale, una giunta guidata dal comunista Francesco Cigna distrusse gli interni (compresi i palchi) e trasformò il tutto in sala cinematografica.
Alla fine degli anni ’50 il teatro fu abbandonato a se stesso; oggi è in fase di restauro, nella speranza che ciò avvenga nel modo più opportuno possibile come sperano i cittadini e gli storici e studiosi Paolo Portoghesi e Antonella Mazzamuto.
L’edificio
Ernesto Basile disegnò un edificio ispirato agli elementi più caratteristici allo stile liberty.
Caratteristiche del teatro sociale di Canicattì sono: le pannellature su cui sono come ritagliate le finestre; i bugnati angolari delle strutture rientranti e i pilastri con lesene doriche e paraste corinzie, che delimitano rispettivamente i tre cancelli in ferro battuto dell’ingresso e la trifora vetrata dell’ampia balconata del piano superiore; e infine la merlatura che emerge dai pilastri con leggiadri cippi sormontati da sfere, che si slanciano come raffigurazione dell’altro elemento tipico dell’arte basiliana: la torre.
Antonella Mazzamuto, nel libro Teatri di Sicilia, parlando del Teatro Sociale di Ernesto Basile a Canicattì del 1899, afferma che nel ripercorrere le modalità dell’eclettismo del tardo ottocento introduce già elementi del linguaggio basiliano modernista…. E quindi il Teatro di Canicattì costituisce nell’evoluzione artistica del Basile un passo avanti verso nuove esperienze architettoniche. Quando Ernesto Basile redigerà il progetto per il Kursaal Biondo (oggi Teatro Nazionale) a Palermo, darà alla sala del cinema-teatro una forma rettangolare, proprio quella forma rettangolare – rileva la Mazzamuto – che il Basile aveva già sperimentato nel teatro di Canicattì.