La Sicilia, si sa, ha una tradizione storica di grano e di pane. La storia della Sicilia è la storia del suo pane.
Per i greci era la terra sacra a Demetra e Kore, dee delle messi. Iniziarono a colonizzare l’isola spinti
soprattutto dal bisogno di disporre di terre idonee alla cerealicoltura .
In epoca romana svolse il ruolo di “ granaio di Roma e nutrice della romana plebe”.
Alcuni studiosi ritengono poi che alle pestilenze il popolo siciliano abbia resistito meglio degli altri paesi
europei perché nutrito del suo salutare pane di grano duro.
Ed infatti le sue 52 eccellenti qualità di antichi grani autoctoni, duri e non, presentano un alto contenuto di
fibre e proteine. Poco glutine, cosa che rende le farine più digeribili e assimilabili. E poca acqua. Cosa che
permette al pane di conservarsi meglio.
Chichireddu
Ad Agrigento i panifici vengono detti “forni”; forse in ricordo di quando il pane veniva impastato dalle
famiglie in casa, in quantità sufficiente per almeno tutta la settimana, ma lo si portava poi ad un fornaio
perché lo cuocesse dietro compenso. Ogni forma di pane ha un nome preciso che si tramanda di bocca in
bocca, dal fornaio al cliente, senza magari ricordarsi più il perché: il “chichireddu” che si presenta nella
forma portatrice di buon augurio, di un ferro di cavallo; il “maccicuni” , parola che in dialetto significa
morso, boccone, ha forma allungata ed è ottenuto da una semola di grano duro come tutti i tipi di “pane di
casa”; la “guastedda” pagnotta rotonda che nella forma imita la guastedda di formaggio; più leggera di
impasto la “ mafalda” e la “reginella” . Pare che la mafalda abbia preso questo nome in onore di Mafalda di
Savoia figlia di re Vittorio Emanuele III.
Tutti questi pani vengono abbondantemente insaporiti dalla “giuggiulena“: una parola mutuata dall’ arabo
giulgiulan per indicare i semi di sesamo. È questa pioggia di semi croccanti quasi un marchio del pane
siciliano nel mondo. Dal mondo arabo si è appresa l’abitudine di insaporire pani e dolci con questi semi. Ma
tutta siciliana resta poi l’arte di produrre un pane compatto, sincero, che non si sbriciola troppo; sapido al
punto giusto e che anche solo con un filo di olio evo e pepe ( il rito del pane “cunzatu” per provare l’olio
nuovo) è una prelibatezza.
Mafaldina
A questa grande tradizione siciliana di pane Agrigento aggiunge una specialità tutta sua: i panini di San
Calogero reperibili in ogni panificio della città della Valle dei Templi nella prima settimana di luglio.
Si tratta di panini votivi di grano duro aromatizzati con i semi del finocchietto che compaiono abbondanti sia
nell’impasto che in superficie. Eccezione unica in cui la giuggiulena cede il passo al sapore dolce e fresco dei
semi di finocchietto, creando un pane che si abbina bene tanto a spezzare i sapori piccanti quanto ad
accompagnare quelli dolci. Ma perché questi semi nei pani votivi dell’amatissimo Santo taumaturgo degli
agrigentini? Il motivo pare sia dovuto alle loro proprietà antinfiammatorie e antispasmodiche oltre che
digestive. Tutte ampiamente riconosciute dalla medicina popolare.
Venite. Vi aspettiamo tutto l’anno per condividere con voi il nostro pane!
Sara Chiummo

 

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